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Aggiornamento in Medicina
Nuova luce sui meccanismi molecolari alla base di una delle malattie genetiche più diffuse, il rene policistico autosomico dominante, che solo in Italia colpisce ben 60.000 persone; lo studio, pubblicato su Nature Communications, è frutto dell’attività del gruppo di ricerca dell'Istituto Telethon Dulbecco guidato da Alessandra Boletta presso la divisione di Genetica e biologia cellulare dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Il lavoro fornisce un contribuito importante alla comprensione del meccanismo con cui si formano le cisti a livello renale in questa patologia. Le persone affette da rene policistico autosomico, infatti, vanno incontro nel tempo a insufficienza renale e sono quindi costrette alla dialisi o, quando possibile, al trapianto di rene.
Alla base della malattia, caratterizzata dalla progressiva formazione di veri e propri palloncini ripieni di liquido che danneggiano progressivamente il rene, ci sono difetti in due geni, PKD1 e PKD2, che contengono le informazioni per altrettante proteine chiamate policistina 1 e 2. Nell’85% dei pazienti il difetto genetico riguarda PKD1.
Nonostante siano passati quasi vent’anni dall’identificazione dei due geni associati alla malattia, i ricercatori non sono ancora riusciti a capire esattamente perché l’assenza della policistina 1 porti alla formazione delle cisti.
La policistina 1 è una proteina molto grossa e poco abbondante, quindi difficile da studiare in laboratorio. PKD1 non si trova all’interno della cellula, ma è localizzata sulla membrana esterna e la attraversa ben undici volte, come una serpentina: questo la rende difficile da manipolare per capire che cosa faccia normalmente nell’organismo e perché la sua mancanza porti alla formazione delle cisti.
Nonostante questo, però, negli ultimi anni i ricercatori sono riusciti a sviluppare dei modelli cellulari e animali della malattia e a cominciare a mettere alcuni tasselli del puzzle. In particolare, l'ipotesi più condivisa è che le due policistine siano importanti per il corretto sviluppo dei tubuli renali, le strutture responsabili della raccolta dell’urina man mano che si formano.
Lo studio ha dimostrato in un modello animale privo di Pkd1 come la mancanza di una versione funzionale di questa proteina impedisca una corretta formazione dei tubuli renali, che si presentano con un diametro maggiore del normale. Questo suggerisce che la policistina 1 potrebbe avere questo ruolo, ma deve ancora essere stabilito con certezza se la dilatazione dei tubuli renali possa effettivamente contribuire alla formazione delle cisti.
La policistina svolge questa funzione grazie alla sua capacità di regolare la polarità cellulare, ovvero la capacità delle cellule di orientarsi nello spazio.
Il rene policistico è una malattia che esordisce tardivamente e progredisce lentamente; l’obiettivo è quello di trovare il modo di rallentare la formazione delle cisti e la loro tendenza a espandersi invadendo il tessuto circostante. Nel caso in cui fosse possibile neutralizzare l’impatto sul resto del rene, per esempio riducendone la capacità di produrre liquido e di ingrossarsi, i pazienti potrebbero convivere con la malattia senza un impatto dannoso sulla loro qualità di vita. ( Xagena2013 )
Fonte: Telethon, 2013
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