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L’inibizione dei flussi di calcio protegge la cellula dall’autodistruzione


Le cellule vengono frequentemente raggiunte da minacce di morte che possono indurle al suicidio: tali minacce vengono raccolte da una serie di “postini��? molecolari, gli ioni calcio, e consegnate a strutture tubulari molto lunghe, una sorta di gallerie fatte da mitocondri, le centrali energetiche della cellula che possono trasformarsi in centrali di autodistruzione.

L’interruzione di tali gallerie ad opera di alcune “macchine molecolari��?, come la proteina Drp-1 ( dynamin-related protein-1 ), blocca il flusso di ioni calcio all’interno della cellula proteggendola da alcuni dei segnali mortali.

È questo l’oggetto di una pubblicazione sulla rivista Molecular Cell, da parte del gruppo coordinato da Rosario Rizzuto, ricercatore Telethon dal 1996 che lavora presso il Dipartimento di medicina diagnostica e sperimentale dell’Università di Ferrara.

I ricercatori hanno conseguito questi risultati grazie all’osservazione al microscopio ottico di processi biologici in cellule vive: una metodologia innovativa che fa parte di un servizio a disposizione della comunità scientifica italiana finanziato da Telethon dal 2001, il Centro Telethon di Imaging Cellulare, di cui Rosario Rizzuto è responsabile.

Dalla ricerca è emerso come i segnali arrivati sulla superficie esterna della cellula siano ricevuti e tradotti nel linguaggio cellulare fatto da ondate di ioni calcio che si propagano da un compartimento all’altro della cellula, fino ad arrivare al loro bersaglio, i raggruppamenti di mitocondri.

Qui i messaggi vengono letti, decidendo il destino della cellula, se cioè sia il caso o meno che si suicidi attraverso il processo di morte cellulare programmata.

La morte cellulare programmata, meglio nota come apoptosi, è un fenomeno lento e complesso che permette l’eliminazione “dolce��?, senza cioè danneggiare le strutture vicine, di cellule in sovrannumero o pericolose, come avviene per esempio nella formazione degli organi durante la vita fetale, nelle cellule infettate da virus o in quelle tumorali.

Se la cellula viene minacciata di morte, per esempio, da parte di sostanze tossiche, è quindi il calcio a favorire il rilascio di proteine che innescano il suicidio cellulare. Se però le ondate di calcio vengono interrotte perché la strada è chiusa, come quando la rete fatta da mitocondri viene frammentata dall’intervento della proteina Drp-1, la cellula diventa insensibile ai segnali di morte e non fa più partire il programma di apoptosi.
Questo quando tutto funziona a dovere.

Ci sono situazioni in cui il malfunzionamento del processo di morte cellulare causato da un difetto genetico provoca malattie anche molto gravi, come quelle degenerative nel caso di distruzione per errore di cellule sane e utili, o, al contrario, i tumori, dovuti all’incapacità di eliminare cellule pericolose.

Guasti nel processo di suicidio cellulare accomunano quindi molte malattie genetiche, tra cui alcune patologie neurodegenerative ( morbo di Alzheimer ), certe patologie muscolari ( miopatie di Becker e Ullrich ), la sclerosi laterale amiotrofica, l’atrofia ottica dominante, e rappresentano per questo motivo un terreno fertile per lo sviluppo di nuovi farmaci. ( Xagena2004 )

Szabadkai G et al. Mol Cell 2004 ;16 : 1-20

Cardio2004 Farma2004


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